Nel 1413 il territorio della Chiesa di Sant’Avendrace si estendeva fino a Decimomannu. Si chiamava Regione di San Venerio o Santu Tenneru e venne donato dal Re Alfonso di Spagna a Bernardo Castagni. E' la notizia più antica di Sant’Avendrace ed è riferita dal Fara in “Rebus Sardois“ (De San Venerio Obispu pag. 12). Tuttavia non si hanno notizie certe sulla data della erezione canonica della Parrocchia di S. Avendrace ma attualmente nell’archivio storico diocesano sono conservati i Quinque Libri che datano a partire dal 1643, in ottemperanza alle disposizioni del Concilio di Trento. Poiché nel 1614 la chiesa è sottoposta a radicali modifiche (inversione dell’asse liturgico dell’aula e suo ampliamento ed edificazione delle cappelle laterali) si può ipotizzare che proprio in quel periodo sia stata istituita la parrocchia in quel territorio che, fino a quel momento, era amministrato dalla collegiata di S. Anna. La parrocchia diventa così un tutt’uno con il borgo di S. Avendrace che sino a fine Ottocento era staccato da Cagliari. Nell’archivio parrocchiale vengono conservati diversi manoscritti, i più antichi del XVII sec.; si tratta per lo più di documenti notarili che, nell’insieme, attestano i diversi beni immobili della parrocchia acquisiti con numerosi lasciti testamentari e, più in generale, l’importanza e la centralità ormai acquisita dall’ente ecclesiastico. La parrocchia di S. Avendrace può dunque essere annoverata tra le più antiche di Cagliari dopo le “collegiate” dei quartieri storici, come scrive il can. Giovanni Spano nella sua celeberrima “Guida della città e dintorni di Cagliari” (1861): Come sono quattro le parti della città, così sono quattro le Chiese parrocchiali, senza quella del Borgo di Sant’Avendrace. Deduciamo così che la parrocchia di Sant’Avendrace si può considerare la quinta parrocchia storica della città, eretta canonicamente nel XVII sec. . Nel corso del tempo non si è mai distinta per ricchezza perché ha sempre espresso e accompagnato le vicissitudini di un borgo prevalentemente modesto come i suoi abitanti, per lo più pescatori. Pure la stessa chiesa manterrà le sue modeste dimensioni (solo nel 1954 sarà ampliata) anche se lo Spano, nella sua Guida di Cagliari (1861), ne descrive un cospicuo arredo, ormai andato perduto quasi del tutto. Una delle espressioni più attive della devozione popolare è stata la Confraternita del SS. Rosario le cui Costituzioni, attualmente conservate in archivio parrocchiale, ne riportano l’erezione canonica del 22 febbraio 1842. Le notizie storiche più dettagliate le abbiamo dalla redazione del Liber Cronicon ossia il libro delle notizie storiche dove i parroci annotano gli aspetti più rilevanti della vita parrocchiale.
Il Liber Cronicon parrocchiale è stato iniziato nel 1920 dal parroco Adeodato Massa (parroco dal 1900 al 1920), autore di numerose ricerche storiche sulla figura di S. Avendrace. Egli descrive la grande devozione della popolazione per il Santo, festeggiato con la tradizionale “Tredicina” e per altre devozioni molto seguite tra le quali quella al S. Cuore e a S. Antonio. Di lui abbiamo anche un minuzioso elenco degli arredi della chiesa e la descrizione delle migliorie portate all’edificio.
Dal 1920 al 1928 è parroco il teologo Dr. Giuseppe Orrù, proveniente dalla parrocchia di Muravera. Egli diede impulso alla costituzione di numerosi gruppi di preghiera. Il 26 settembre 1920 è costituito il Gruppo delle Donne Cattoliche mentre il 28 settembre si raduna per la prima volta il gruppo parrocchiale dell’Apostolato della preghiera seguito dalla consacrazione di molte famiglie al S. Cuore. La prima domenica di ottobre del 1920 viene inaugurato il Reparto degli Esploratori cattolici, suscitando molto entusiasmo tra i giovani. Il 21 gennaio 1921 viene inaugurato il Circolo Maschile dei Giovani, quello che si può ritenere un antesignano degli attuali oratori; infatti tale Circolo sviluppò un’intensa attività filodrammatica con la quale riusciva a pagare l’affitto di un locale vicino che funzionava come teatrino; non mancarono premi e riconoscimenti a livello diocesano per l’attività di questo Circolo giovanile. Nello stesso anno, infine, si forma il gruppo maschile dell’Azione Cattolica, anche questo molto frequentato.
Il 3 aprile 1926 fu ordinato sacerdote un figlio di questa comunità, il seminarista Giacinto Macis. Nel 1923, preceduta dalle missioni, si tenne la visita pastorale di Mons. Piovella.
Il 12 novembre 1922 fu posta la prima pietra dell’asilo infantile (annesso alla sacrestia) progettato dall’ing. Giuseppe Cugia e dedicato alla Sacra Famiglia; presenti all’inaugurazione le autorità cittadine tra cui il Prefetto D’Arienzo e il Podestà Vittorio Tredici e l’arcivescovo Mons. Piovella. Su L’Unione Sarda del 13 luglio 1927 un ampio articolo descrive la cerimonia di inaugurazione. L’Asilo, affidato alle suore Figlie della Carità, andava a colmare le urgenti necessità educative a tanti bambini del quartiere lasciati spesso per strada. L’opera di mons. Orrù conoscerà poi il culmine con la fondazione della Congregazione delle suore Ancelle della Sacra Famiglia, avvenuta nel 1933, istituzione che ancora oggi svolge un prezioso servizio educativo nella città.
Il 5 marzo 1929 fa l’ingresso in parrocchia il teologo dr. Salvatore Cabras che resterà a S. Avendrace sino al 1941; per un anno lo coadiuva il viceparroco don Giacinto Macis. A lui si devono importanti lavori di ristrutturazione della chiesa. I primi iniziano nell’agosto del 1930 e si concludono nell’ottobre dello stesso anno. Tra i lavori più importanti, il rifacimento del tetto, impianto elettrico nuovo, interventi murari importanti. L’8 e 9 novembre 1930 c’è la visita pastorale di mons. Piovella preceduta da triduo di preparazione. Nel corso degli anni successivi don Cabras provvede a implementare il corredo della chiesa con arredi, paramenti e oggetti sacri; sono inoltre restaurati diverse statue antiche. Il 30 maggio 1931 un grave episodio scuote la vita parrocchiale: un commissario di Pubblica Sicurezza mette i sigilli alla sede del circolo S. Domenico Savio sequestrando alcune riviste. Nello stesso giorno un altro commissario accompagnato da due agenti irrompe in parrocchia intimando la proibizione delle attività del “Ricreatorio”; solo la coraggiosa insistenza del parroco riuscirà ad evitare il sequestro del locale. Un triste episodio che si inquadra nelle numerose azioni di soppressione dell’associazionismo operate dalla dittatura fascista. Nel successivo mese di giugno anche le processioni e le adorazioni verranno proibite; ne fa le spese anche la festa patronale, la cui processione è sostituita da una adorazione. Il 24 e 25 giugno 1933 si tiene in S. Avendrace il convegno dell’Apostolato della Preghiera; per l’occasione viene restaurato il teatro parrocchiale. Il 1933 è Anno Santo e il 30 agosto un gruppo di 24 parrocchiani si reca in pellegrinaggio a Roma; nel mese di dicembre si tiene la Visita pastorale di mons. Piovella. Nel 1934 viene edificata la casa parrocchiale, iniziata nel 1929, su progetto dell’Ing. Davide Capra e finanziata dall’Opera pontificia delle case parrocchiali.
A giugno del 1940, in occasione della entrata in guerra dell’Italia, la comunità parrocchiale viene esortata alla preghiera assidua anche attraverso l’esposizione permanente dell’antica statua di S. Efisio, il martire soldato.
Il 15 gennaio 1941 viene benedetto il nuovo cimitero di S. Michele; alla celebrazione è presente anche il dr. Cabras con gli altri parroci della città. Per disposizione dell’Arcivescovo, il parroco di S. Avendrace è nominato cappellano del cimitero. Il 10 maggio si inaugura la messa domenicale nella cappella cimiteriale. A febbraio è nominato vice parroco il sac. Don Ausilio Tidu che rimane fino al mese di giugno.
Il 29 giugno 1941 viene inaugurata la cappella della casa della Madre e del bambino nella via Sabotino; a celebrare la messa quotidiana sarà il viceparroco don Tidu.
Il 9 ottobre 1941, dopo tredici anni, dr. Cabras lascia S. Avendrace per essere destinato al seminario arcivescovile come padre spirituale; al suo posto arriva a S. Avendrace don Emilio Secci che resterà fino al 1950. A don Secci il compito difficilissimo di guidare la parrocchia nei terribili anni della seconda guerra mondiale. Già nel Natale del 1941, su facoltà data dall’arcivescovo, la messa fu celebrata al pomeriggio per l’obbligo dell’oscuramento. Nel 1942 non manca di annotare le difficoltà della popolazione a reperire i generi alimentari di sussistenza, rimarcando la fiorente attività del mercato nero. Dal 11 al 26 aprile si tengono le missioni popolari, vissute con drammatica intensità; le missioni si chiudono con la visita pastorale di Mons. Piovella. La festa patronale del 1942 è celebrata senza festa civile e senza processione per i divieti delle autorità. Anche la messa di Natale del 1942 è celebrata al pomeriggio così come accaduto l’anno prima. Annota don Secci: Più che la gioia del S. Natale, un senso di profonda mestizia invadeva i cuori dei fedeli. Ognuno, rientrando in sé stesso, vedeva chiaramente che la guerra era ormai un flagello di Dio per richiamare l’umanità all’osservanza dei divini comandamenti.
Nel 1942 il Comune costruisce a Is Mirrionis un gruppo di case popolari abitate da circa 70 famiglie segregate dal consorzio umano come nota don Secci; in un primo tempo egli si adopera per assicurare a quelle famiglie la cura pastorale ma ben presto, data la grande distanza del luogo dalla sede parrocchiale e la poca rispondenza di quelle persone, è costretto a malincuore a rinunciare
L’anno del terrore: così don Secci chiama il 1943, riferendosi a che quello è stato l’anno della distruzione della città. Dalle ampie note storiche su quel periodo redatte dal parroco di Sant’Avendrace, riportiamo solo alcuni aspetti della vita parrocchiale. Dopo i terribili bombardamenti del 26 e 28 febbraio che causarono centinaia di vittime e migliaia di feriti, la città fu abbandonata dalla maggior parte dei cagliaritani, comprese le autorità. Anche il sacrista sfollò per ignoti lidi (sic!) così che il parroco rimase solo. Il 6 marzo, temendo che la chiesa potesse essere distrutta (data la sua posizione tra la stazione ferroviaria e l’aeroporto) come già altre chiese del centro (S. Anna, per esempio) trasportò a S. Vito, suo paese natio, paramenti, arredi sacri e registri dell’archivio parrocchiale al fine di salvaguardarli. Ottima iniziativa che ci permette ancora oggi di avere un archivio parrocchiale abbastanza conservato. A S. Vito don Secci rimane per dodici giorni lasciando la guida della parrocchia al viceparroco don Ausilio Tidu. Tornato a Cagliari, mentre il clero cittadino era ormai quasi del tutto sbandato, il povero parroco di S. Avendrace rimase al governo della parrocchia fino al 16 giugno, data in cui si completa lo sfollamento della città e del quartiere. Don Secci non manca di annotare la paura di quei giorni, con le sirene che suonavano continuamente e la prontezza a correre nei rifugi che stavano a duecento metri dalla chiesa (nelle cavità di Tuvixeddu) dove pure veniva celebrata la seconda messa domenicale. Proprio in uno di quei rifugi, nel vico Trento, don Secci celebra il suo giubileo sacerdotale il 25 aprile, giorno di Pasqua. Toccanti le sue parole nel descrivere la celebrazione di uno dei giorni più belli della vita di un sacerdote: L’avvenimento che si svolse in quella catacomba fu quanto mai emozionante per i fedeli convenuti da ogni parte del Rione, per assistere alla messa nel solennissimo giorno della S. Pasqua, ma fu davvero straziante per il cuore del povero parroco, trovandosi privo della presenza di un confratello – e dello stesso sacrista – e di qualunque altra persona capace di servirgli la S. messa in quel buio sotterraneo. Questo fatto venne riportato da L’Unione Sarda nel numero del 28 aprile e destò grande commozione. A consolare don Secci, il telegramma di auguri del Santo Padre papa Pio XII e il biglietto di Mons. Piovella che con gioia e dolore partecipa al giubileo del suo sacerdote. Siamo certi che il dolore di don Emilio Secci, coraggioso e fedele parroco di S. Avendrace, sarà stato ricompensato dal Buon Pastore con la gloria del Paradiso. Nel rifugio di Vico Trento don Secci allestisce l’altarino sormontato da una statua della Madonna: lì si celebra il mese mariano, a maggio; il 13 maggio nuova e distruttiva incursione aerea che costringe i rifugiati a restare bloccati soffrendo fame e sete per molte ore; il 28 maggio, onomastico del parroco, ancora un bombardamento aereo. Distrutta la quasi totalità della città, il 16 giugno fu imposto lo sfollamento totale; del clero secolare rimasero in città solo il parroco di S. Lucifero, dr. Marcialis, e quello di S. Avendrace. Successivamente la Curia impose ai parroci di città, sfollati altrove, di fare un turno per presidiare le parrocchie cittadine; dopo un breve sfollamento a Maracalagonis, don Secci fece il suo turno dal 25 giugno al 2 luglio e poi sfollò definitivamente a S. Vito vivendo di elemosina celebrando la messa per 10 lire. A S. Vito don Secci rimane fino al 20 settembre quando rientra a S. Avendrace; la mancanza di mezzi di trasporto rende molto difficoltoso il trasferimento degli effetti personali e del materiale della parrocchia. Nelle pagine del libro storico, il parroco descrive il quadro desolante della città così come si presentava ancora verso la fine del 1943: palazzi diroccati, vie ostruite dalle macerie da cui esalava il fetore delle vittime dei bombardamenti. Tuttavia, tra novembre e dicembre, S. Avendrace è la prima parrocchia cittadina a riprendere le attività; il quartiere infatti è rimasto miracolosamente illeso dai bombardamenti per cui il rientro degli sfollati è potuto avvenire senza problemi nelle case rimaste intatte, nonostante la prefettura minacciasse sanzioni a chi rientrava troppo presto per la mancanza di mezzi di sussistenza oltre all’elettricità e all’acqua. Il rione fu comunque il primo a ripopolarsi in città e anche la chiesa, sebbene danneggiata e completamente priva di vetri, potè essere riaperta alle funzioni. A queste partecipavano anche numerosi soldati americani cattolici e del continente; alcuni di questi, avendo perduto notizie dei loro cari, si sposarono con ragazze del quartiere dando origine a matrimoni felici e infelici. (sic!) Finalmente, la notte di Natale del 1943 si potè celebrare la messa di mezzanotte e pure con la presenza di un presepio, l’unico di tutta la città che era ancora deserta. Don Secci annota che più di centomila cagliaritani sfollarono nei paesi con gran vantaggio del clero di quelle località; il clero cittadino, invece, ebbe parecchie difficoltà economiche proprio a causa dello sfollamento e delle spese che esso comportava.
A spese del Genio militare furono riparati i danni al tetto della chiesa e ricollocati i vetri delle finestre. La vita parrocchiale riprende faticosamente con i pochi rientrati; per le funzioni mancano le candele, che vengono sostituite da lampadine, e l’incenso, che viene sostituito con resina di pino o, talvolta, con lo zucchero. Il parroco viene incaricato dalla Curia di confessare le suore di vari istituti per cui è costretto a girare la città a piedi essendo del tutto assenti le corse del tramvai. Lentamente la vita ecclesiale riprende e già a giugno è effettuata la processione del Corpus Domini sia in cattedrale che in S. Avendrace, sia pure con itinerario ridotto. L’11 giugno viene ordinato sacerdote un vincenziano originario della parrocchia, Vincenzino Corrias, già presidente dell’A.C., che celebrava la solenne prima messa il giorno 29. Il 16 luglio si tenne la festa della Madonna del Carmine, a motivo del fatto che la chiesa dei padri carmelitani era completamente distrutta. In quello stesso giorno riapre l’asilo parrocchiale con il ritorno delle suore giuseppine. Il 13 settembre si potè finalmente celebrare di nuovo la festa patronale ma senza festeggiamenti civili data la situazione ancora disastrata della città. Per un certo periodo il parroco provvedeva anche alla messa per gli abitanti delle caserme di Is Mirrionis, dove vivevano spesso in promiscuità persone che avevano perso la casa nei bombardamenti. Il 16 dicembre vennero aperte in tutte le parrocchie della città le “cucine del papa” che provvedevano a somministrare pasti ai meno abbienti (una minestra costava lire 4.70); a S. Avendrace la cucina era tenuta dalle suore dell’asilo.
In occasione della festa di S. Efisio, il 15 gennaio, le parrocchie della città fecero un pellegrinaggio al santo per impetrare il dono della pace. Per la quaresima la popolazione del rione è quasi tutta rientrata per cui la vita parrocchiale riprende con regolarità per cui la Pasqua del 1 aprile è celebrata con grande concorso di fedeli. Il 1 luglio a Bonaria è celebrata una solenne messa per la pace al termine della quale sono portate in processione le statue della Madonna, di S. Efisio e di S. Saturnino.
Con una spesa di 3000 lire in sacrestia viene portata l’acqua corrente mentre la vecchia scaletta in legno del pulpito, scomoda e pericolante, è sostituita con una in muratura con una spesa di 1600 lire; viene riparato il tetto della chiesa con lire 2000 e anche il muro di cinta della casa parrocchiale con lire 3800: l’esecuzione di questi lavori attesta che la comunità, ormai rientrata dopo la diaspora dello sfollamento, sostiene le necessità della parrocchia non senza sacrifici.
Per contrastare il sindacato comunista degli operai, in tutte le parrocchie vennero istituiti i cosiddetti “segretariati del popolo” che sono gli uffici locali della neonata organizzazione A.C.L.I. La parrocchia di Sant’Avendrace è la prima in città a organizzare questa struttura di cui si servono moltissimi operai provenienti da tutta la città. Intanto, il 17 marzo hanno luogo le prime elezioni amministrative dopo la guerra e soprattutto dopo la dittatura: viene eletto sindaco l’avv. Luigi Crespellani. Dal 31 marzo al 14 aprile hanno luogo le missioni paoline, a cui partecipano anche centinaia di uomini che3 si confessano e si comunicano. Il 2 giugno si tennero le elezioni della Costituente: nel salone parrocchiale tengono le conferenze il dr. Efisio Corrias, futuro presidente della Regione. In chiesa vengono rimodernati i due finestroni del coro (non più esistenti) e quello della facciata con la collocazione di vetri colorati che danno alla chiesa un aspetto nuovo; il lavoro (per un valore di 60 mila lire) è eseguito dal falegname Francesco Monari di S. Avendrace a sue spese, facendo così un formidabile dono alla parrocchia. Dopo tante privazioni dovute alla guerra, la festa patronale è realizzata anche con un nutrito programma di festeggiamenti civili; la cripta del santo è aperta alla venerazione dei fedeli e ai malati è distribuita l’acqua che sgorga nella stessa cripta. Don Secci si fa promotore di una singolare iniziativa: costruire un sacrario votivo delle vittime a causa dei bombardamenti; il progetto è del prof. Alessandro murgiano e l’opera dovrà collocarsi nel cortile della chiesa. Intanto, nelle pareti della cappella dell’Addolorata (a destra entrando) vengono scritti a caratteri d’oro 554 nomi di vittime, secondo i dati forniti dalle autorità. A realizzare le scritte a olio su stucco lucido è il pittore Flavio Cornacchia. Don Secci vorrebbe realizzare le scritte su marmo ma la spesa sarebbe di oltre 100 mila lire.
Il parroco ammonisce i fedeli contro una fitta campagna protestante che si attua nel quartiere; molti libri protestanti vengono portati in parrocchia e bruciati!
La scuola elementare del rione viene messa a disposizione per l’insegnamento del catechismo. Il 3 aprile viene approvato dalla commissione edilizia comunale il progetto della nuova chiesa di S. Avendrace per la quale si stanno già raccogliendo i fondi presso la popolazione.
Il 9 novembre diversi giovani dell’A.C. fanno la promessa nel Reparto Esploratori, sancendo così la rinascita dello scoutismo dopo la soppressione dello stesso operata dal regime fascista.
A gennaio si costituisce il Comitato per la nuova chiesa, organizzando la relativa propaganda per il reperimento dei fondi necessari all’opera, che verrà realizzata solo nel 1954.
Il 18 febbraio alle 9.30 muore in episcopio Mons. Ernesto Maria Piovella, tra i vescovi più amati della storia diocesana per la sua bontà e dolcezza e per l’impegno profuso nella chiesa cagliaritana soprattutto nel terribile periodo della guerra. Il 23 ottobre fa l’ingresso in diocesi il nuovo vescovo Mons. Paolo Botto, che reggerà la chiesa di Cagliari per vent’anni, fino al 1969.
Il 6 gennaio viene inaugurata una piccola cappella in loc. Bingia Matta per l’assistenza spirituale di parecchie migliaia di persone che abitano in quella zona. Il parroco di Sant’Avendrace vi celebra la messa la domenica alle 9.30.
Il giorno 8 settembre mons. Botto inaugura il nuovo istituto delle Ancelle della sacra Famiglia in via Montello.
Il 19 ottobre, per motivi di salute, don Emilio Secci lascia Sant’Avendrace per trasferirsi a Quartu S.E. nell’Asilo Steria. A lui è toccato guidare la comunità parrocchiale negli anni della guerra e della successiva ricostruzione e lo ha fatto con profondo impegno apostolico; la parrocchia di Sant’Avendrace gliene sarà sempre grata.
Nello stesso mese di ottobre fa il suo ingresso in parrocchia, in forma privata, il nuovo parroco Don Salvatore Lecca; con lui si avvicenderanno diversi viceparroci: don Peppino Iddas (dal 1950 al 1955), don Tarcisio Pillolla, futuro vescovo di Iglesias (1955), don Antonio Desogus (1955-1956), don Giuseppe Cogoni, anche lui futuro vescovo di Iglesias (1956-1965). Il ministero di don Lecca durerà sette anni e sarà caratterizzato in particolare dai più radicali lavori di ristrutturazione della chiesa dopo 340 anni, terminati nel 1954 con la costruzione dell’abside diventa più lunga di circa sei metri assumendo la configurazione attuale. Vengo però perdute le decorazioni pittoriche dell’aula e l’altare seicentesco del presbiterio, di cui sarà salvato qualche elemento; sulla sommità del nuovo altare preconciliare verrà collocata la nuova statua del patrono acquistata nel 1956, grande e di bella fattura. L’anno prima viene acquistata quella della Vergine Assunta. A don Lecca si deve anche l’edificazione del muro di recinzione del cortile della chiesa. Un curioso episodio lo vede protagonista quando un giorno, accedendo alla cripta, si accorse che questa era stata allagata dal carburante proveniente da una condotta che passava accanto alla chiesa nella via Isonzo e che aveva avuto una copiosa perdita; per ovviare questo inconveniente le pareti interne della cripta furono rivestite di uno spesso strato di cemento coprendo così i bei mattoni antichi di rivestimento e, di fatto, riducendo il volume della cripta stessa dandole pure un aspetto piuttosto brutto, da “bunker”. Evidentemente non si poteva fare altro per ovviare al grave inconveniente!
Don Lecca lascia Sant’Avendrace il 9 marzo 1957.
Lo stesso giorno, alla sera, fa il suo ingresso il nuovo parroco Don Vincenzo Olla, di Pula, proveniente dalla parrocchia di Capoterra. Anche don OIla si impegna a realizzare diversi lavori di sistemazione, tra i primi quello del cortile posteriore della chiesa dove viene allestito un piccolo cinema all’aperto che sarà molto frequentato dalla gente del quartiere e i cui proventi saranno utilizzati per realizzare altre opere.
A dicembre vengono avviati i lavori di costruzione dei locali attigui alla chiesa, sede dell’A.C. e del salone. Viene restaurata anche la casa parrocchiale, pericolante in più punti.
L’1 e 2 febbraio viene in visita a Cagliari il Presidente della repubblica che conferisce al Gonfalone della città la medaglia d’oro al valore civile per i meriti dimostrati in occasione degli eventi bellici.
A febbraio c’è la Visita pastorale di mons. Botto e a marzo-aprile una grande missione cittadina tenuta dai missionari di Pro Civitate Cristiana. Il 30 aprile viene inaugurato il nuovo grande seminario diocesano di via Cadello alla presenza di S. Em. il Card. Ottaviani.
Il 13 novembre è inaugurata la nuova sede parrocchiale della Gioventù femminile, adiacente il piazzale della chiesa.
Ad agosto, grazie ad un contributo del Comune e con una spesa di 1.500.000 lire la chiesa viene rivestita con uno zoccolo di travertino, intendendo così risolvere il problema dell’umidità. Intanto anche la parrocchia vive con interesse e trepidazione l’apertura del Concilio Vaticano II, apertosi il giorno 11 ottobre.
A Natale la chiesa è illuminata da 11 nuovi lampadari, acquistati insieme alle appliques nei pilastri e alle stazioni della Via Crucis per una spesa complessiva di 655.000 lire.
Viene anche acquistato un nuovo harmonium dalla Ditta Borea per lire 320.000. Dal 1970 al 1971 collabora in parrocchia Don Francesco Frau.
Don Olla regge la parrocchia fino al 30 ottobre 1972.
Il 31 ottobre 1972 fa l’ingresso il nuovo parroco Don Andrea Cocco che, come scrive lui stesso la reputazione del rione di sant’Avendrace non è molto buona ma io proprio per questo ci son venuto. Insieme a lui fa l’ingresso anche il collaboratore Don Tonio Pittau che lavorerà in parrocchia per oltre un anno. Don Cocco descrive una situazione molto carente sia negli edifici (per lo più da sistemare e il salone parrocchiale da completare) che pastorale con i diversi gruppi da ricostituire; tra questi il gruppo scout Agesci Cagliari 5 proprio nel 1972 riprende le attività interrotte da lungo tempo. Con grandi sacrifici e con l’aiuto soprattutto della gente di modeste possibilità economiche don Cocco riesce a portare avanti il completamento delle opere parrocchiali: il piazzale, il salone e il tetto della chiesa che minacciava di crollare. Più difficile e discontinua è stata la promozione della vita pastorale e in particolare modo di quella rivolta ai giovani; tra le note positive, il catechismo è frequentato da oltre 400 bambini e il consiglio pastorale di recente istituzione. Il 3 aprile 1973 viene costituito il praesidium della Legio Mariae. Grande impulso alla vita comunitaria è dato dall’attività nel salone parrocchiale: cinema, teatro e spettacoli musicali sono molto partecipati; a coadiuvare don Cocco, oltre a Don Pittau si sono avvicendati anche Don Enrico Collu per sei anni, Don Franco Crabu di cui si ricordano le doti di musicista e cantautore e anche artista avendo realizzato il bassorilievo della Resurrezione; dopo l’esperienza a Sant’Avendrace Don Crabu andrà missionario in Africa dove è tutt’ora. Altro collaboratore è stato Don Luigi Xaxa che si è dedicato in particolare alla pastorale giovanile. Il giudizio complessivo sulla esperienza a Sant’Avendrace è stato per Don Cocco complessivamente positivo, al di là delle difficoltà incontrate; don Andrea lascia Sant’Avendrace per andare nella parrocchia cittadina dei SS. Giorgio e Caterina
Il 29 settembre 1985 fa l’ingresso in parrocchia il nuovo parroco Don Tonio Pittau che proviene dalla parrocchia S. Giuseppe di Pirri. Il primo evento che il nuovo parroco vive con la comunità è la storica visita del papa Giovanni paolo II a Cagliari il 20 ottobre 1985. Per quanto riguarda la pastorale, don Pittau cura in particolare il catechismo parrocchiale, composto in quindici classi, e la formazione dei catechisti; cura la partecipazione alla liturgia e alle celebrazioni, segue la formazione dei vari gruppi parrocchiali. Il 29 dicembre 1985 l’Arcivescovo Mons. Giovanni Canestri istituisce la Parrocchia della Sacra Famiglia, avente per sede provvisoria la cappella dell’Istituto di via Montello. Il 10 novembre 1985 viene ricostituito il Consiglio pastorale parrocchiale. Il 17 maggio 1986 si tiene in parrocchia la 1^ Assemblea parrocchiale nella quale si discutono, per tre ore, tutti i numerosi aspetti e problemi della pastorale parrocchiale con diversi progetti: la partecipazione è stata numerosa ed entusiasta. Molto partecipato è stato anche un pellegrinaggio parrocchiale ai santuari del sud-Italia. Particolare successo ha la festa patronale che, dopo tanti anni, è riportata alla tradizionale data del 13 settembre, preceduta dalla Tredicina in onore del Santo, e arricchita dei festeggiamenti civili (che da diversi anni non si tenevano più) e dalla apertura della cripta ai fedeli; molto partecipate le messe e la solenne processione. Il 21 settembre Don Xaxa lascia S. Avendrace per andare parroco a Suelli dopo aver lavorato per due anni curando in modo particolare i gruppi giovanili e il giornalino parrocchiale “Nuova Presenza”. Dopo la Festa, come un fulmine a ciel sereno, arriva la notizia che dopo appena un anno di ministero don Pittau è trasferito in Cattedrale, dove fa il suo ingresso il 12 ottobre. Grande sgomento tra i parrocchiani e lo stesso parroco che invita però a vivere questo evento in spirito di obbedienza al Vescovo e alla Chiesa.
Il 13 ottobre 1986 inizia il ministero di parroco Don Fernando Sanna che viene coadiuvato prima dal diacono Federico Locci e poi per due anni dal viceparroco Don Fabio Trudu. Dei quattro anni di ministero di Don Sanna abbiamo una sintesi ben curata nel Liber Cronicon. Il progetto pastorale si è incentrato profondamente sulla promozione del laicato e sulla sua formazione in vista di un più qualificato servizio ecclesiale. Grande ruolo ha avuto il Consiglio Pastorale nella attuazione di vari progetti di catechesi che hanno spaziato dalla liturgia alla biblica alla conoscenza dei documenti del Magistero; più intensa è stata la catechesi nei tempi forti dell’anno con l’organizzazione delle “settimane” bibliche e liturgiche mentre durante il resto dell’anno sono state organizzate diverse conferenze su varie tematiche (morale, storia, archeologia, politica, etc…). Don Sanna ha rilevato con soddisfazione l’impegno intenso di tutte i gruppi nelle attività di loro competenza: Volontariato Vincenziano, Azione Cattolica, Agesci, , Legio Mariae, Apostolato della Preghiera e un incipiente Gruppo Missionario animato dal collaboratore Don Pino Cadelano, già missionario in Colombia. Più bisognosi di rafforzamento, invece, la cura dei Ministranti e dei Catechisti, tra questi ultimi la presenza di quattro suore, due Ancelle e due Giuseppine. Molto efficace è stata anche l’opera del Consiglio Affari economici nella analisi e nella programmazione delle spese per la pastorale. Tra queste, diverse risorse per un ammontare di 56 milioni di lire di cui ben 40 offerti dalla popolazione, sono state impiegate per importanti lavori di restauro e riordino della chiesa. Nel lasciare la parrocchia, il 29 settembre del 1990, scrivendo le ultime righe del Liber Cronicon, don Sanna si rammarica però dell’ancora troppo esigua partecipazione alle messe domenicali (l’8% della popolazione) e alle proposte formative (appena l’1%). Sicuramente, però, le proposte pastorali di Don Sanna hanno creato una comunità parrocchiale con diversi laici ben preparati e disponibili a vivere con maggiore consapevolezza la vita cristiana personale ed ecclesiale.
Nella stessa celebrazione di commiato di Don Fernando, chiamato a ricoprire incarichi diocesani, il 29 settembre 1990, inizia il ministero il nuovo parroco Don Dino (Aldo) Pittau, proveniente dalla parrocchia di Monastir. Il ministero pastorale di Don Dino si caratterizza, tra le altre cose, per un’appassionata ricerca storica del Santo, del suo culto e di tutto quello che riguarda la storia della chiesa e della parrocchia. Tra i suoi primi atti il riordino dell’archivio parrocchiale non solo nella parte anagrafica ma anche in quella storica dotando così l’archivio di documenti che contribuiscono ancora oggi a tracciare una più metodica e ordinata ricerca sull’identità storica della parrocchia e del suo Santo titolare. Viene affrontato anche il restauro della casa parrocchiale che versa, dopo anni di mancato utilizzo, in condizioni precarie. Don Dino organizza molte attività: mostre di pittura, mostre missionarie, giornate di spiritualità, corsi di cultura religiosa per la formazione degli operatori pastorali. Dà impulso alla vita pastorale anche attraverso il teatro con la Filodrammatica S. Avendrace che nel salone parrocchiale mette in scena il 30 e 31 gennaio 1993 il noto musical Forza, venite gente riscuotendo un grande successo con varie repliche in altre parrocchie della diocesi e nelle comunità terapeutiche di P. Morittu e dell’Aquilone; il 24 e 25 aprile si tiene la 13° edizione del Grillo d’Argento, rassegna canora per bambini molto partecipata. L’8 maggio 1993 viene benedetta la prima pietra della erigenda Casa del Fanciullo, il complesso delle aule catechistiche la cui predisposizione risale ai tempi di Don Olla. Il progetto prevede una superficie di 260 mq. comprendenti sei aule, una sala d’aspetto, due servizi e un terrazzino; progettista è il Geom. Francesco Antonio Pusceddu con il computo tecnico dell’Ing. Giancarlo Banchiero per un importo complessivo di circa 300 milioni. L’opera sarà inaugurata il 13 settembre 1994, nell’occasione della Festa patronale, dopo dieci mesi e cinque giorni di lavori, eseguiti dalla Ditta P.V.M. s.r.l. di Puddu e Matzeu in Quartu S.E. Ad inaugurare l’opera, a lungo attesa dalla comunità e rispondente alle esigenze della pastorale, è l’Arcivescovo Mons. Ottorino Pietro Alberti con la commossa presenza dell’anziano Don Olla. Il 3 giugno 1994 lascia la parrocchia il viceparroco Don Giordano Podda arrivato in S. Avendrace due anni prima: la comunità lo saluta con rimpianto e affetto. Il 12 ottobre del 1994 viene ricostituito il Consiglio pastorale parrocchiale, composto da una ventina di membri e strutturato in tre commissioni: evangelizzazione, liturgia e carità; esso si dota anche di uno statuto che viene approvato dall’Arcivescovo. Il 18 gennaio 1995 viene ricostituito il Gruppo Missionario Parrocchiale con lo scopo di animare in senso missionario la vita della comunità e il 29 gennaio successivo compie il primo anniversario dalla sua fondazione il Gruppo parrocchiale Amici dei Lebbrosi. Nel giugno del 1996 si conclude lo studio del quartiere, frutto del lavoro del Consiglio pastorale in collaborazione col Centro Studi Caritas di Roma, che viene pubblicato in un opuscolo di 18 pagine e realizzato in preparazione alla visita pastorale dell’Arcivescovo. La popolazione residente risulta di 5568 persone di cui 2700 maschi e 2878 femmine in 1774 nuclei familiari; l’inchiesta è condotta su 1180 soggetti pari a un quinto degli abitanti. Dai dati raccolti risulta che partecipano alla messa festiva 435 persone nelle messe più frequentate che sono quella del sabato sera e della domenica mattina alle 9. Legge la Bibbia il 10% mentre si confessa spesso il 19% dei parrocchiani; l’87% chiamerebbe il sacerdote in caso di necessità ma il 58% non conosce l’esistenza del sacramento dell’Unzione; solo il 26% compie gesti di carità per realizzarsi come cristiani. Ancora oggi questa indagine, benché risalente al 1996, costituisce un’interessante analisi della sociologia e della religiosità del quartiere; essa contiene inoltre uno spaccato della vita del quartiere ai primi del ‘900. La Visita pastorale di mons. Alberti si compie dal 4 al 9 marzo 1997 e un’ampia sintesi di questa è stata pubblicata dal settimanale diocesano NuovOrientamenti del 16/3/1997. Intanto, dal 21 settembre 1996 è nominato viceparroco il novello sacerdote Don Fabrizio Pibiri di Guasila che si occupa prevalentemente della pastorale giovanile seguendo l’ACR, i Ministranti e gli scout; don Fabrizio lascia la parrocchia dopo un anno, nominato parroco di Ballao. Al 26 giugno 1998 i dati statistici parrocchiali vedono 5700 abitanti in 1818 nuclei familiari suddivisi nelle seguenti fasce d’età: 0-14 (862), 15-64 (3701), 65+ (915), 80+ (222); la media annuale della frequenza alla comunione è di 247 fedeli. Il 26 settembre 1998 don Dino lascia la comunità di Sant’Avendrace perché nominato parroco della Cattedrale.
Il 27 settembre 1998 fa l’ingresso il nuovo parroco Don Marcello Contu, proveniente dalla parrocchia della Madonna della Fede a Cagliari-Pirri. Riportiamo quasi integralmente il resoconto che scrive al termine dei dieci anni di ministero parrocchiale, nell’anno 2008. Il quartiere di S. Avendrace, benchè possa ancora essere definito popolare, vive un periodo di grande trasformazione. Si moltiplicano esercizi commerciali, e studi professionali, sorgono nuove abitazioni alquanto costose, giungono famiglie più giovani, economicamente benestanti, culturalmente abbastanza motivate ma, per quel che concerne usanze e tradizioni, non molto interessate. L’incontro tra “nuovi” e “vecchi” pur costituendo elemento di vivacità e arricchimento, risulta inevitabilmente fonte di problemi che non possono non avere riflessi nell’organizzazione pastorale. Problematicità sono date da alcune strade del rione dove si addensano situazioni di disagio sociale e altre dove è presente il triste fenomeno della prostituzione. Diverse case sono abitate da studenti, tra cui la Casa della Giovane delle suore Figlie di S. Giuseppe che assicurano anche una certa presenza in parrocchia soprattutto nella catechesi ai fanciulli e con la scuola materna di via Falzarego. La Catechesi dei fanciulli e ragazzi è caratterizzata da impegno e vivacità e ha il suo cuore pulsante nella Eucarestia domenicale. Don Marcello ricorda anche l’impegno attivo dell’Azione Cattolica e del Volontariato Vincenziano. A livello giovanile sono presenti i seguenti gruppi: Ministranti, ACR, Scout Agesci (nel 2007 ha riaperto il Branco), Ciclo S. Avendrace (associazione ciclistica amatoriale fondata nel 2007 e iscritta alla Federazione Ciclistica Italiana), il Post-Cresima (guidato dai capi scout), i Giovani (al terzo anno di attività e composto da molti che non vivono nel territorio parrocchiale come accade anche nel catechismo ed è fonte di problematiche pastorali). A livello di adulti operano invece i gruppi Missionario, Amici del Lebbrosi, Legio Mariae, Apostolato della Preghiera, Amici di S. Avendrace. L’animazione liturgica è affidata a due realtà: la corale parrocchiale, che anima la Messa dei fanciulli e le principali liturgie dell’anno; la corale S’Albeschida, costituitasi nel 2004, che esegue canti in logudorese e anch’essa anima alcune liturgie solenni oltre che la messa domenicale delle ore 11. Don Marcello giudica l’esperienza pastorale a Sant’Avendrace estremamente positiva, arricchente e gratificante.
Dal 13/09/2008 al 30/9/2015 è parroco di Sant’Avendrace Don Ottavio Utzeri, proveniente dalla parrocchia Madonna della Fede a Cagliari-Pirri e coadiuvato dal diacono permanente Ignazio Boi.
Dal 1/10/2015 al 30/10/2018 è parroco di Sant’Avendrace Don Fabrizio Porcella, parroco della Sacra Famiglia, a seguito della unificazione delle parrocchie di Sant’Avendrace e Sacra Famiglia, nella persona dell’unico parroco, con decreto arcivescovile del 1 settembre 2015; in questo decreto l’Arcivescovo stabilisce anche che la Sacra Famiglia divenga compatrona della parrocchia. Don Porcella rimane amministratore parrocchiale della Sacra Famiglia fino alla soppressione di questa parrocchia avvenuta il 1 ottobre 2018. Fatto inedito per la parrocchia è stata dunque l’unificazione delle due comunità, compito arduo e difficilissimo di cui lo stesso don Fabrizio racconta la memoria:
Con Decreto datato 1 settembre 2015 l'arcivescovo di Cagliari, Mons. Arrigo Miglio, decide di unire in paersona Paroci la Parrocchia della S. Famiglia in Cagliari con quella confinante di Sant’Avendrace La decisione si era resa necessaria sia per la sistemazione logistica della S. Famiglia sia, probabilmente, anche per una più organica distribuzione del Clero. La "nuova Parrocchia", o le due Parrocchie unite, avrebbe infatti contato circa 10000 anime, numero considerevole ma non nuovo nella realtà diocesana di Cagliari.
Il primo dato da riportare è la comunicazione che ne diede l'arcivescovo al sottoscritto all'inizio estate 2015; mi sembrò giusto accettare subito. Difatti la Parrocchia S. Famiglia si trovava "ospite " nei locali della Congregazione delle Suore Ancelle della S. Famiglia, la quale Congregazione aveva lasciato alla Parrocchia l'utilizzo della chiesa - che rimaneva però anche Cappella della Comunità religiosa- più una stanzetta sovrastante la chiesa, un ufficiosacrestia ed un saloncino sottostante, conosciuto come "cripta". I proponimenti fatti nel 1986, anno di fondazione della Parrocchia, di trovare un terreno adatto all'edificazione di una chiesa parrocchiale più locali non si realizzarono mai. Probabilmente, per questo motivo, non era più rinviabile la decisione cui addivenne Mons. Miglio nel 2015.
Il secondo momento fu la comunicazione di questa decisione alla Comunità. Come prevedibile, due furono le reazioni più degne di nota: delusione - forse anche rabbia in certuni - in una parte dei fedeli; serena accettazione in altri, intelligentemente edotti dalla realtà che richiedeva una svolta.
Il terzo momento fu il trasferimento-trasloco della Parrocchia S. Famiglia a Sant’Avendrace. Mentre lo eseguivamo, mi veniva in mente - con una punta di ironia - che la S. Famiglia non era nuova a cambiamenti di residenza.... In questo caso non era solo il Parroco che veniva trasferito, bensì un'intera Parrocchia. Così, in un giorno, dopo giornate intere trascorse a preparare gli scatoloni, una lunga teoria di automobili e furgoncini, scendeva da Via Montello verso V.le Sant’Avendrace per trasportare paramenti, registri, alcune statue, armadi. Nello stesso giorno, subito altro lavoro per montaggio di armadi, sistemazione di registri parrocchiali distinti - per volontà di Mons. Miglio - dagli analoghi già presenti in Sant’ Avendrace. Un lavoro ingente ma condotto con rapidità ed efficienza grazie ad un'ottima squadra di parrocchiani della S. Famiglia e ragazzi frequentanti la medesima Comunità. Ma il lavoro più importante e decisivo è quello per le anime. Si trattava di agevolare l’amalgama tra le due Comunità. I piani su cui agire erano: catechesi, liturgia e carità.
Essendo entrambe le Parrocchie vivaci sotto tutti questi punti di vista, pensammo insieme ai catechisti di fissare per il Sabato sera il catechismo per i ragazzi (ex) S. Famiglia e la Domenica mattina per i giovani di Sant’Avendrace; ovviamente con flessibilità per singoli casi. La stessa cosa per le Messe la cui partecipazione è prevalentemente di famiglie legate al catechismo dei figli. Nel campo caritativo la S. Famiglia aveva una Caritas diocesana mentre Sant’Avendrace una nutrita Conferenza vincenziana. Così per i primi due anni rimasero attive distintamente, anche grazie ad un locale messo a disposizione della Caritas parrocchiale da un signore della S. Famiglia. Si cercò anche di integrare il coro parrocchiale proveniente da Via Montello in un nuovo coro guidato da un parrocchiano di Sant’Avendrace. Ma ciò che, a mio giudizio, costituì uno speciale dono del Cielo fu l'adorazione eucaristica che andava dal pomeriggio del venerdì alle 8 di mattina del sabato. Mi fu richiesta da parrocchiani di entrambe le "provenienze " inizialmente fino alle 22 del venerdì, ma successivamente i fedeli si fecero audaci e mi proposero l'orario sopra riportato. Considerando che una Parrocchia, come la S. Chiesa tutta, vive di Eucaristia, e osservata la partecipazione.... bipartisan ai turni di adorazione, mi sono convinto che le pur comprensibili resistenze al cambiamento derivato dalla decisione Arcivescovile dell'estate 2015 siano state sostanzialmente superate dalla benedetta fatica di quelle ore di adorazione. Davanti al Protagonista della vita ecclesiale la Comunità si è ritrovata!
Il 31 ottobre 2018 fa l’ingresso il nuovo parroco Don Alessandro Simula, proveniente dalla parrocchia di S. Pietro Pascasio in Quartucciu. Dopo soli tre giorni, il 3 novembre, hanno inizio i lavori di restauro della chiesa comportando il trasferimento dell’aula celebrativa nel salone parrocchiale (soluzione già attuata diverse volte) con notevole impatto sulla vita pastorale della comunità, impatto che influirà molto pesantemente su ogni attività e determinerà disagi enormi soprattutto alla vita liturgica e inibendo anche qualsiasi progetto di oratorio che il nuovo parroco sente tra le priorità da realizzare. Questa situazione di pesantissimo disagio purtroppo si protrarrà ben oltre il termine previsto per i lavori (gennaio 2020) e col passare del tempo diversi parrocchiani non frequenteranno più la comunità, stanchi di questa situazione insostenibile. Si pensi solo che nella messa della notte di Natale 2019 solo una ventina di persone hanno partecipato alla celebrazione e anche alla precedente novena il salone non si riempiva; sempre a causa del disagio logistico molti sacramenti e funerali sono stati celebrati altrove facendo così venire meno un’importantissima dimensione pastorale della vita della parrocchia. I disagi maggiori si sono verificati alla messa del sabato pomeriggio con la contemporanea presenza di bambini (ben 9 classi) e di adulti costringendo tutti ad una celebrazione caotica che urgeva sicuramente di un ripensamento. Allo scopo di conoscere la nuova comunità don Alessandro organizza alcune “assemblee parrocchiali” la prima delle quali si svolge il 14 dicembre e alla quale partecipano una cinquantina di parrocchiani; queste assemblee, una decina in tutto, saranno propedeutiche alla formazione del Consiglio pastorale parrocchiale, decaduto da tempo, e del nuovo Consiglio Affari economici nonché per gettare le basi della futura programmazione pastorale. Dal mese di dicembre è operativo il “Bollettino” della parrocchia, un mensile stampato in proprio che riporta le notizie, gli eventi e gli appuntamenti della comunità.
Il primo importante provvedimento pastorale preso dal parroco, sentiti i catechisti, è stato quello di istituire una nuova messa per i fanciulli; due le esigenze che hanno determinato questa scelta: la prima è stata quella di unificare la partecipazione alla messa di tutte le classi del catechismo ponendo fine alla divisione non più ritenuta opportuna, vista la nuova configurazione unitaria della parrocchia; la seconda è stata quella di offrire la celebrazione di una messa animata appositamente per i fanciulli con l’applicazione del rituale previsto e una animazione liturgica dedicata; questo ha permesso anche di alleggerire l’assemblea della messa delle 18. Si è scelto di celebrare provvisoriamente la messa dei fanciulli al sabato pomeriggio perché la maggior parte delle classi aveva il catechismo in quel giorno; l’esperimento è abbastanza riuscito: i bambini hanno risposto con grande partecipazione, attiva e gioiosa, accompagnati anche da una discreta presenza di genitori.
Il 23 gennaio muore in un incidente stradale don Giordano Podda, 59 anni, già viceparroco a Sant’Avendrace dal 1992 al 1994; la sua morte improvvisa scuote e addolora non solo la nostra comunità ma l’intera chiesa diocesana.
Con decreto del 20 giugno 2019 l’Arcivescovo, su richiesta dei parroci di sant’Avendrace e Medaglia Miracolosa stabilisce i nuovi confini delle due parrocchie; infatti a seguito della soppressione canonica della parrocchia della Sacra Famiglia e diventato il territorio di Sant’Avendrace troppo vasto e poco rispondente alle esigenze dei fedeli, i parroci stabiliscono di comune accordo che alcune strade della ex parrocchia ritornino nel territorio della Medaglia Miracolosa ristabilendo così i confini anteriori al 1985; in particolare rientrano in questa disposizione le vie Redipuglia, Doberdò, Brigata Sassari, Sabotino (da via Is Maglias a via Redipuglia), Is Maglias (dall’incrocio con via Sabotino all’incrocio con via Monte Grappa e Col D’Echele); le rimanenti vie della ex parrocchia rimangono appartenenti a Sant’Avendrace; viene così salvaguardato il criterio della continuità territoriale dei confini delle due parrocchie.
I lavori in chiesa procedono abbastanza speditamente nei primi sei mesi dell’anno ma purtroppo subiscono una battuta d’arresto nel mese di giugno. Infatti a seguito di importanti scoperte relative alle fasi di costruzione della chiesa, anche su richiesta del parroco la Soprintendenza decide di approfondire gli scavi; ciò comporta un rifinanziamento dei lavori che viene richiesto alla Regione; intanto l’impresa rientra nella propria regione e sospende i lavori. Il 5 agosto il Presidente della Regione Solinas compie un sopralluogo nel cantiere: sono presenti anche il Presidente del Consiglio comunale Dr. Edoardo Tocco, la Soprintendente Dr.ssa Maura Picciau e la dr.ssa Giovanna Pietra (responsabile degli scavi), la dr.ssa M. Luisa Mulliri (progettista e direttore dei lavori), l’Assessora comunale ai LL.PP. Gabriella Deidda, l’impresario Carmelo Nasello e altri funzionari del Comune e della Soprintendenza. La Dr.ssa Pietra illustra al Presidente Solinas lo stato dei lavori e soprattutto l’importanza delle scoperte archeologiche effettuate ai fini di una ricostruzione più esatta e compiuta della storia dell’edificio (attualmente pressoché inesistente) e quindi la necessità di proseguire i lavori di scavo. Il Presidente si impegna a porre attenzione a questa necessità e a reperire i fondi sula base delle indicazioni del Comune. Il Parroco espone ai presenti le gravi difficoltà che la comunità parrocchiale sta soffrendo a causa dei lavori e soprattutto della loro interruzione. Il Presidente Solinas, tenendo fede alla parola data, destinerà a novembre la somma di 300mila euro; sarà però la burocrazia, legata al rifinanziamento dei lavori, ad impedire però che questi possano riprendere per cui si arriva a fine anno con la chiesa ancora chiusa, i lavori incompleti, gli scavi ancora da fare con tutti i disagi di una situazione che mese per mese si fa sempre più pesante e insostenibile. A farne le spese tutta la vita comunitaria che procede per la buona volontà dei parrocchiani, di quelli che sono rimasti visto che in tanti hanno preferito frequentare in altri posti. Così sia le celebrazioni pasquali che la festa patronale hanno risentito pesantemente della situazione logistica; la domenica delle Palme e le Prime Comunioni sono state celebrate nella cappella delle suore Ancelle in via Montello. La Messa del 12 settembre allo stabulario di S. Gilla e la processione sulla laguna sono invece state presiedute dall’Arcivescovo Mons. Arrigo Miglio che ha molto apprezzato l’evento e la partecipazione.
Il 16 novembre viene eletto il nuovo arcivescovo di Cagliari S.E. Mons. Giuseppe Baturi, 55 anni, del clero di Catania. La parrocchia, insieme alla chiesa diocesana, si prepara ad accogliere il nuovo vescovo che farà congiuntamente l’ordinazione episcopale e l’ingresso in diocesi il prossimo 5 gennaio nella basilica di Bonaria.